domenica 4 luglio 2010
La posta in missione
Nel tragitto ci fermiamo a casa dei genitori di Erik, un ragazzo italo-boliviano che ora é in Italia, sempre con l’OMG. Marcello, il papá, é venuto in Bolivia nel 1974 come sacerdote della diocesi di Trento. Dopo alcuni anni ha smesso di fare il prete ed é andato a lavorare in fattoria, sempre restando in Bolivia. Poi ha conosciuto una donna boliviana, l’ha sposata ed ha messo su famiglia.
All’arrivo a Wayapacha c’é stato l’emozionante momento dlla distribuzione della posta che arriva dall’Italia, si approfitta di chi viene in missione per mandare lettere (nell’era di internet Dio sia lodato che ci sia ancora chi scrive delle lettere)...e poi caffé, formaggio, cioccolata, soldi, grappa... Avere una lettera in missione é una sensazione che puó descrivere solo chi l’ha provata, per cui neanche mi arrampico su vane metafore.
Mi colpisce Mafu, brianzolo radiologo clown tuttofare, qui da sei mesi e per altri 18 ancora. Apre una lettera del suo papá che si apre cosí: Caro figliolo. E poi il nodo alla gola lo strozza e va a finire di leggerla in un’altra stanza.
Qui é pieno di vacche dipinte di roa, in nore alla festa di San Giovanni Battista.
A cena rivedo Felix, 16 anni senza famiglia, orfano, di carabuco. Sempre col sorriso e una bontá dipinta sul viso.