venerdì 25 giugno 2010
Arrivo alle 10.30 di sera a Uyuni.
Prendo alloggio al’hotel Avenida, di fronte la stazione (nella foto e'l'edificio giallo alle spalle della vecchia locomotiva). La stanza non e’ gran che, ma per 6 euro a notte, con bagno in camera, non ci si deve lamentare. Vado a fare un giro in piazza per mangiare u boccone. C’e’ scritto “pizzeria italiana” ovunque. Io, per ossequiare i miei colleghi del posto, entro in un pub, il Pub Arcoiris, che significa Arcobaleno. All’interno solo tratti somatici occidentali, tranne due tavoli in cui lui e’ ariano, lei latina. Mi accoglie Polo, 17 anni, padre di Reggio Emilia, e madre di Uyuni. Mi dice che due giorni rima era pasta di là una ragazza di Foggia. Chissà, sarei davvero curioso di sapere chi fosse e comunque sono felice che una ragazza della mia città, che e’ una città molto chiusa, si sia spinta da sola fin qui. Intorno i turisti consultano i loro Lonely Planet e la cosa mi rattrista, perché quelle guide tolgono il gusto della scoperta solitaria e quindi cristallizzano la dimensione dell’avventura.
Al tavolo mi serve un signore sulla 50ina. Lo chiamano il dottore. IO credevo fosse per il suo bizzarro abbigliamento da cameriere: zoccoli verdi, pantaloni bianchi e t-shirt verde da sala operatoria. No, no! Si chiama Victor, e’ un chirurgo per davvero. Alle 5 del pomeriggio smonta dalla clinica e va ad aprire il pub. Nulla di strano se penso alle due lire che un medico boliviano guadagna al mese, ma il fatto che venga a fare il secondo lavoro coi panni del primo e’ davvero tragicomico. Mi offre un doppio mate de coca in cambio delle mie risate incredule. Santa coca, dormo come un cucciolo!