giovedì 17 giugno 2010
Si parte!
Questo sarò io nei prossimi mesi: uno zaino, una tracolla peruviana, un paio di scarponi e sandali per far sbollire i piedi.
Possibile che la vita di un uomo possa essere tutta lì? Ho imparato in questi anni dal mio amico clown a mettere via, a spogliarmi, a viaggiare leggero, così il viaggio può portare più lontano. E’ l’augurio più grande che possa fare a me stesso…tornare più leggero, ma solo perché ho voglia di correre di più, di fare altre cose belle, con gli amici più fortunati, per gli amici meno fortunati.
Lì dentro ci sono affetti, amicizie, preoccupazioni, persone importanti e una grande, immensa fetta di cuore….oltre alla bandiera della MAGGICA ROMA, che sventolerà sulla scuola di Carabuco.
Ci ho messo dentro i miei libri di sempre, e quelli per sempre. Una overdose di taccuini per appunti, quelli per il lavoro, quelli per la poesia, quelli per il prossimo libro, che spero di tornare a scrivere con il mio amico clown.
Poi ci sono due borse a parte: una con il materiale della scuola calcio che voglio mettere su, l’altra con un po’ di grana, un po’ di cioccolato e grappa a volontà, per scaldare le fredde sere che il vento del Titicaca imporrà d’ora in poi.
Paure? Tante, ma meglio così, altrimenti non vi sarebbe adrenalina pura. E poi la paura si vince solo con l’amore. Mi gasa l’idea di potermi mettere al servizio di un’impresa pazzesca, ovvero creare lavoro per ragazzi poveri, in uno dei paesi più poveri la mondo, in uno dei periodi peggiori dell’economia. Ma ci credo fermamente, sono figlio di gente con la testa dura Non vedo l’ora di iniziare, addolcito dal gusto degli scenari che solo l’America Latina sa regalare.
Il mio viaggio è partito ieri da casa di Lele ed Elena, su quel lago che ha accolto i primi versi all’amore tanto ostacolato, ma che poi ha saputo trionfare, nonostante tutto e tutti. Ora sono in sosta all’aeroporto di Sao Paulo do Brazil, in attesa dell’aereo che mi porterà stanotte a La Paz, con uno scalo ad Asuncion, in Paraguay.
Mi ha colpito la presenza di una famiglia Amish, noti perché rifiutano la società moderna in quasi tutti i suoi aspetti. Si vestono, vivono e lavorano secondo regole di due secoli fa, sono tranquilli e pacifici. Erano in otto, mamma, papà e ben sei figli che tra l’uno e l’altro si passavano uno o due anni. Me li sono studiati a lungo, non parlavano quasi mai tra loro, il papà comunicava solo per gesti ai figli, e la mamma, con una cuffia ottocentesca in testa, badava all’ultima arrivata, sicuramente anagrafata 2010. So che ci sono molte comunità del genere in America Latina.
Bene, giusto per smentire chi diceva che io all’aeroporto di San Paulo mi sarei concentrato su ben altro. Beh, ora devo chiudere, sta passando un gruppo di giocatrici di beach volley brasiliane!